Nel suo editoriale su D di Repubblica di sabato 7 settembre, Elena Cattaneo racconta le peripezie burocratiche cui deve sottostare un ricercatore di un ente pubblico per l’acquisto di quanto necessario per la sua ricerca.
Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo.
“Se è vero che per tutti gli studiosi del mondo la ricerca è una sfida quotidiana, per chi la fa in Italia la sfida è per molti versi ancora più complessa. A partire dalla burocrazia da affrontare.
Ogni ricercatore ha bisogno di acquistare un certo numero di materiali per svolgere i propri studi. Questi materiali vengono identificati a valle di prove propedeutiche agli esperimenti, in molti casi sono unici e insostituibili, “su misura” per ciascuno studio, e venduti da ditte selezionate tra migliaia. Molto spesso, a causa del volume di impegni e della scarsità del prezioso personale amministrativo, è il ricercatore stesso ad occuparsi personalmente degli acquisti che, da gennaio 2024, sono ulteriormente disciplinati dal nuovo Codice dei contratti pubblici. Nato con il fine di uniformare quanto più possibile le procedure della pubblica amministrazione in tema di forniture, anche in contesti e attività totalmente differenti, il Codice ha trasformato il processo per l’acquisto di ogni singolo reagente in una sorta di “supplizio di Sisifo” per i ricercatori. Cercherò qui di spiegare il perché, anche a partire dalla mia esperienza.
Per ciascuno degli 800 reagenti che i 20 ricercatori del nostro laboratorio (me compresa) devono acquistare ogni anno, spesso prodotti in esclusiva da una sola azienda, necessari e diversi a seconda degli specifici esperimenti, la procedura, che può arrivare a durare anche più di dieci giorni, è estenuante anche solo da riepilogare. Nell’ordine, bisogna: inserire una richiesta di pre-ordine nel portale del dipartimento dell’Università, che gli uffici dell’amministrazione completano indicando i riferimenti al progetto e ai codici corrispondenti di CUP e SIOPE; acquisire il Codice identificativo di gara (CIG) inserendo partita IVA, codice fiscale e ragione sociale del “fornitore”, numero di pre-ordine e tipologia di affidamento; individuare la categoria merceologica di cui fa parte il prodotto/servizio che si vuole acquistare; ottenere dall’amministrazione la determina di autorizzazione a procedere; compilare una seconda pagina web dedicata per la Richiesta di Acquisto (RDA) inserendo sul portale denominato UGOV (sistema informatico integrato per la governance degli Atenei) la richiesta di acquisto con il codice indicato dall’azienda per ciascun prodotto; attendere che l’RDA venga trasformata dall’amministrazione in Buono d’ordine; attendere dal dipartimento il Buono d’ordine firmato dal direttore da inviare alla ditta. Una maratona burocratica da completare ogni volta, per importi che, nella maggior parte dei casi, non superano le poche centinaia di euro.
Il “supplizio” per il ricercatore consiste anche nella corsa contro il tempo. I ritardi nell’acquisto dei materiali necessari all’attività di ricerca, accumulandosi lungo questa catena infinita di procedure, si ripercuotono infatti a cascata sul momento in cui si potrà iniziare un esperimento e, di conseguenza, anche su quello della condivisione dei risultati. Nella scienza, spesso, il tempo è tutto: è già accaduto che laboratori di altri Paesi, non gravati da questi obblighi, siano riusciti a verificare e pubblicare per primi i dati, ‘bruciando’ chi invece è tenuto a completare tutti i passaggi.
La prova dei fatti sta dimostrando che il mondo della ricerca di laboratorio ha caratteristiche pressoché uniche nel panorama dei soggetti pubblici investiti dal nuovo Codice, ed esigenze di velocità e flessibilità intrinseche inconciliabili con le procedure richieste. Ad esempio, la riproducibilità degli esperimenti impone l’acquisto dei reagenti sempre dagli stessi fornitori, ma questa necessità va a scontrarsi col principio di rotazione delle aziende da cui acquistare. In altre parole, acquistare un reagente indispensabile e non sostituibile, pena il fallimento di esperimenti e progetti costati anni di lavoro e centinaia di migliaia di euro (pubblici), non può essere assimilato né a una fornitura di risme di carta, né alla costruzione di una bretella autostradale. Per altro verso, è anche inconcepibile il requisito di iscrizione di tutti i fornitori a una specifica piattaforma (MEPA) per gli affidamenti diretti quando, ad esempio, il “fornitore” è una rivista scientifica straniera a cui bisogna corrispondere il pagamento per la pubblicazione di uno studio.
Assicurare ai cittadini trasparenza, concorrenza, economicità nell’acquisto di beni e servizi pubblici è un principio sacrosanto e in questo senso il lavoro dell’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) è necessario e importante. Tuttavia, per realizzarlo nel migliore dei modi, credo sia doveroso adottare leggi e procedure che non tradiscano quel principio finendo per trasformare – pur con le migliori intenzioni – l’attività di ricerca in un inferno burocratico. Riformare l’esistente è indispensabile, se, al di là della retorica di circostanza, si ritiene la ricerca scientifica pubblica un valore per il Paese”.
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