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In ricordo di Pietro Greco – Da D di Repubblica del 13 febbraio 2021

Nel suo editoriale su D di Repubblica, la senatrice Cattaneo ricorda lo scrittore, giornalista e divulgatore scientifico Pietro Greco, scomparso il 18 dicembre del 2020.

Competente, rigoroso, gentile. Quando a fine dicembre abbiamo appreso con sconcerto la notizia della scomparsa improvvisa di Pietro Greco, chimico, giornalista, divulgatore scientifico, scrittore e amante della scienza in tutte le sue forme, questi sono stati gli aggettivi più utilizzati dai tanti colleghi e amici nel ricordarlo.

Greco ha insegnato a chi lo conosceva – di persona, per averlo ascoltato in radio o per averne letto un articolo o un libro – che si può essere netti e intransigenti nel distinguere la scienza dalle opinioni senza esacerbare i toni, che si può aderire alle evidenze scientifiche senza la paura di risultare impopolari, che si può raccontare una ricerca o una scoperta senza risultare incomprensibili, che la scienza è uno strumento di crescita sociale e di pace e non di divisione e conflitto.

Ho riascoltato alcune sue lezioni e interventi disponibili in rete, sul rapporto tra giornalismo e comunicazione scientifica: “occorrerebbero giorni, o forse anni – diceva – per parlarne in modo esaustivo”. In uno di questi, salendo “sulle spalle di due giganti”, citava il chimico Antoine-Laurent de Lavoisier e il fisico James Clerk Maxwell per spiegare l’importanza della scelta delle parole nel raccontare la scienza.

Lavoisier, ricordava Greco, affermava che usando parole poco appropriate si corre il rischio di trasmettere impressioni sbagliate anche quando i fatti scientifici da comunicare sono certi; d’altro canto, metteva in guardia Maxwell, la percezione di autorevolezza della scienza da parte della società sarebbe tale da rendere accettabili anche le opinioni più assurde,  se descritte con parole “il cui suono ricordi espressioni scientifiche note”. Una premessa utile a comprendere come “non c’è scienza senza comunicazione della scienza”. Questa affermazione di Greco trova riscontro in tanti dei dibattiti che, specie nei primi mesi di pandemia, hanno visto scienziati ed esperti alternarsi in tv e sui giornali, sempre più seguiti dal pubblico “generalista”: l’impossibilità di poter contare su un registro linguistico comune tra scienziati e pubblico, dovuta alla mancata conoscenza degli strumenti della comunicazione da una parte e del metodo della scienza dall’altra, ha in diversi casi prodotto più dubbi che rassicurazioni, più equivoci che chiarimenti.

L’uso corretto delle parole, il sapersi spiegare e il rendersi comprensibili erano esigenze che Pietro Greco non proiettava solo sullo scienziato alle prese con il grande pubblico, ma anche e soprattutto su chi comunica la scienza per professione, il giornalista o il divulgatore scientifico. E in questo lui era un maestro, qualcuno l’ha definito “uno dei fari della comunicazione scientifica”. Tanto umile nei modi, sempre pacati e gentili, quanto illuminato e indispensabile nella sua opera di divulgazione.

La scienza è il racconto di donne e uomini che si cimentano con un metodo utile a conoscere la realtà e a renderla migliore per tutti. Pietro Greco sapeva narrare in modo semplice fenomeni complessi, restituendo ai suoi affezionati lettori e ascoltatori tutta la meraviglia che il racconto della scienza porta con sé. Una capacità rara, un’eredità di cui far tesoro, che richiede una profonda comprensione e un profondo amore per ciò di cui si parla e si scrive.