Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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Scienza nel verso giusto – Dal supplemento Domenica del Sole 24 Ore, 27 maggio 2018

Dalle colonne del Domenicale del Sole 24 Ore, la senatrice Cattaneo riepiloga la vicenda Human Technopole, ricordando che, sebbene esso sia nato da un processo decisionale improvvisato (diversamente da quanto accaduto in altri Paesi), il “cambio verso” imposto in corsa grazie a una parte della comunità scientifica e al presidente Napolitano permette oggi di ben sperare sulle prospettive future.

Ecco l’articolo della senatrice Cattaneo uscito sulla Domenica del Sole 24 Ore del 27 maggio scorso.

“C’è una scienza per fare scienza.
Nel 2010 lo stato di New York ha deciso di investire in un nuovo polo di ricerca scientifica chiamato “Applied Sciences New York City”. Per realizzarlo, il sindaco Michael Bloomberg promosse una competizione mondiale, ricevendo 18 proposte da 27 istituzioni di sei diversi Stati americani e otto Paesi stranieri. A vincere, un anno dopo, fu il progetto presentato dalla cordata composta dalla statunitense Cornell University e dal politecnico israeliano Technion. Lo scorso anno Cédric Villani, matematico medaglia Fields e deputato di En Marche, su mandato del presidente Macron, ha chiamato a raccolta 350 studiosi e professionisti appartenenti alle istituzioni pubbliche per poi avviare una consultazione pubblica tramite il sito Parlement et Citoyens, coinvolgendo circa 1600 esperti per delineare la strategia nazionale di investimento pubblico in ricerca sull’intelligenza artificiale. Sono due esempi di come si programmano importanti investimenti di risorse pubbliche per finanziare l’innovazione.

La scienza che studia come fare scienza insegna infatti, ad esempio, che le premesse per sviluppare grandi infrastrutture di ricerca passano da un’ampia valutazione delle nuove frontiere scientifiche per individuare il settore su cui conviene scommettere e da una strategia di integrazione del nuovo progetto con il sistema complessivo della ricerca pubblica del Paese. Esistono, poi, al riguardo, delle linee guida da seguire che sono state individuate dal Forum Strategico Europeo per le Infrastrutture, nato su mandato del Consiglio dell’Unione europea, e recepite dal Miur, che stabiliscono valutazioni di impatto, unicità e adeguatezza. Non c’è dunque spazio per l’improvvisazione, perché la ricerca di un Paese (in questo differenziandosi dalla politica) non è ancorata a necessità contingenti, ma impone una visione di lungo periodo. E non ce n’è per la discrezionalità, perché è il metodo scientifico a imporre trasparenza e competizione tra le idee.

Diverse ricerche sui sistemi per la promozione della scienza rivelano anche un dato apparentemente controintuitivo, ovvero che in molti settori la concentrazione delle risorse pubbliche per la ricerca su poche strutture risulta, a lungo termine, poco produttiva, ancora di più se tali risorse (come in Italia) sono scarse: garantire un fiume di denaro pubblico riduce la competitività e la qualità delle idee. Viceversa, alcuni studi dimostrano che diversificare quanto più possibile gli investimenti, sempre per via competitiva, aiuta a mantenere la ricerca di base del Paese vitale e indipendente e – differenziando le “idee” finanziate – produce più occasioni di “eccellenza” di quanta non ne generino ingenti flussi di denaro diretti a pochi enti. La diversificazione dei fondi, oltre a evitare la formazione di gruppi decisionali stantii, è anche giustificata dal fatto che è impossibile sapere dove nascerà la prossima decisiva conquista conoscitiva. Di queste osservazioni – in un sistema della ricerca sottofinanziato e privo di programmazione – in Italia non solo non si è tenuto conto ma, nel coltivare la politica della concentrazione dei fondi, è stato adottato un percorso “inedito” rispetto alle migliori pratiche internazionali.

Nel nostro Paese, tre anni fa, si è deciso di scommettere su una nuova grande infrastruttura di ricerca dedicata alle scienze della vita e alla genomica, lo Human Technopole (HT), da realizzare nell’ex area EXPO. Lo si è fatto, però, nel backstage di un programma televisivo. Si è scelto, cioè, di lasciare l’intera comunità degli studiosi all’oscuro di tutto e di fare a meno di una gara che garantisse alle idee il libero accesso alle risorse pubbliche su base competitiva, affinché progettualità provenienti da cordate diverse – nel pieno diritto di essere valutate – potessero essere giudicate con procedure internazionali. Ancora una volta l’Italia ha fatto l’esatto opposto di quel che si dovrebbe; la “valutazione” c’è stata, sì, ma fake: “postuma”, su un solo progetto predisposto da un solo Ente – l’Istituto italiano di tecnologia di Genova – già vincitore per decreto nonché assegnatario delle prime risorse stanziate.

Questo approccio “prepotente” della politica – almeno nelle fasi iniziali del progetto – risente della sua impreparazione metodologica alla scienza, oltre che di scelte di investimento in ricerca pubblica sbrigative e incomprensibili (ad esempio, i “grandi” della genomica italiana sono stati esclusi), quasi fosse una mera occasione d’esercizio privato del potere pubblico, piuttosto che un’opportunità per ricercare e finanziare le idee migliori presenti nel Paese. Un approccio dannoso, che ha rischiato di trasformare una delicata e importante scelta di investimento in ricerca pubblica nell’ennesima spesa fuori controllo. Un approccio sbagliato che si è potuto perseguire con l’apporto di una piccola parte della comunità scientifica e con il silenzio di tanta parte della restante, forse dimentica del proprio ruolo pubblico.

Tra i pochi studiosi che hanno rotto il silenzio, il prof. Nanni Bignami scrisse: “Il problema politico e di merito creato dall’impostazione HT è tanto grosso quanto semplice e comprensibile a tutti”. Bignami non si capacitava, tra l’altro, dell’assenza del Miur nella genesi di un polo di ricerca e del mancato inserimento di HT nel Piano nazionale della ricerca. Questo pasticciato stato delle cose aveva portato anche il Presidente emerito Giorgio Napolitano a intervenire in Senato nel maggio 2016 per chiedere di “ripensare a decisioni (…) largamente discutibili sul piano del metodo” e ottenere risposte alle questioni sollevate “inerenti il metodo e la competenza e la trasparenza e la moralità, intesa quest’ultima come garanzia dell’uso corretto e produttivo – e naturalmente verificabile – delle risorse pubbliche”.

È anche sulla base di queste riflessioni che nell’ultimo anno e mezzo vi è stato un profondo ripensamento della struttura, della governance e della modalità operativa di HT, tanto da poter parlare, oggi, di un “nuovo HT”, di un vero e proprio “cambio verso”. Non più un magnete che attira risorse su un unico potere decisionale, ma un hub “aperto” con la doppia funzione di transito e valorizzazione dell’esistente, che favorisca la mobilità degli studiosi, garantendo un contesto tecnologico e amministrativo solido, stabile e d’avanguardia.

Il cambio di verso per HT ha avuto una logica e una procedura. A fine 2016, un Comitato di coordinamento istituito dallo stesso Governo Renzi e presieduto dal Prof. Stefano Paleari ha sottratto HT e le sue fasi di start up a operazioni arbitrarie e discrezionali. Ha poi lavorato per definire uno Statuto –approvato con decreto dello scorso 27 marzo – che assegna ad un ente terzo, la Fondazione Human Technopole, la governance del progetto. Poteri e funzioni, anche di controllo incrociato, sono ora sanciti da un elaborato testo da cui si fatica a riconoscere quel che le slide della presentazione ufficiale, nel febbraio 2016, avevano prospettato per HT: una gemmazione di un ente che avrebbe inglobato un ulteriore fiume di denaro pubblico (1,5 miliardi di euro) avendo già stabilito, senza competizione, molti partecipanti e progetti, fino alla definizione dell’organigramma dei coordinatori – ripreso anche dai media – di ciascuno dei sette centri di ricerca in cui si articolava il progetto.

Oggi, invece, un bando internazionale per il direttore del polo (sul cui nome, ancor oggi, aleggia un certo mistero, alimentato anche da alcune “imprecisioni giornalistiche”) darà al vincitore mandato operativo su contenuti e progettualità, mentre al neo Presidente di HT, Prof. Marco Simoni, è demandata la funzione di indirizzo strategico e ai soci fondatori (i ministeri dell’Economia, della Ricerca e della Salute) la vigilanza sull’operatività dell’Ente, insieme al Consiglio di sorveglianza di recente nomina. Come “richiesto” dal Consiglio di Stato, il nuovo Statuto stabilisce anche che “il contributo [oltre 100 milioni/anno per i prossimi anni, mentre il resto della ricerca del Paese è lasciato nella totale incertezza circa i futuri investimenti] è erogato sulla base dello stato di avanzamento del progetto Human Technopole”. L’auspicio è che quanti sono oggi chiamati a dar vita alla nuova fondazione HT, nella delicatissima fase iniziale, sappiano e vogliano essere interpreti della necessaria cesura con pratiche che possano ricordare, nelle modalità o nei “nomi”, il “vecchio HT”.

Scongiurato quindi per HT il “modello IIT” come fondazione di diritto privato la cui governance è di fatto sottratta al decisore pubblico – degradato a munifico, silente, sempiterno “ufficiale pagatore” – resta ancora da inserire questo progetto fortemente e coraggiosamente corretto “in corsa” non solo e non tanto nel sistema della ricerca milanese o lombarda, quanto nella resiliente rete della ricerca pubblica dell’intero Paese. Un luogo che – escludendo il piano inclinato delle outstation scientifiche, che sottrarrebbero investimenti su HT per alimentare laboratori pre-esistenti fuori da EXPO – si faccia interprete di sinergie di sistema e amplificatore di ricerche nell’ambito delle discipline della salute, della genomica, dell’alimentazione e della scienza dei dati, coerentemente con il Piano nazionale della ricerca.

Un progetto che potrà funzionare solo in un contesto di rinnovata cura civile, materiale e soprattutto morale della ricerca del Paese che è tutta da scrivere e a cui siamo chiamati a concorrere, ciascuno con il proprio responsabile e fermo comportamento pubblico. Non è solo una scelta etica, è anche un nuovo orientamento dei rapporti tra scienza e società.”

Elena Cattaneo
Docente della Statale di Milano e Senatrice a vita

A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato pdf.