Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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Spiragli di luce in fondo al tunnel della ricerca – Da Left del 17 gennaio 2020

Sul numero di Left uscito venerdì 17 gennaio, Federico Tulli intervista Elena Cattaneo sul futuro della ricerca pubblica in Italia a seguito della decisione del Governo di “spacchettare” il Miur istituendo un ministero dedicato a università e ricerca e alle novità per il settore contenute nella legge di Bilancio 2020 (agenzia per la ricerca, convenzione Human Technopole).

Ecco l’intervista di Federico Tulli alla senatrice Cattaneo.

“La ricerca può fare da volano del rilancio di un Paese e di un’economia in affanno. Serve però una strategia solida, di lungo termine. Cioè una discontinuità con gli ultimi anni durante i quali, per via del governo di un comparto appassionante, ma difficilissimo da gestire, quale è la scuola, in questi anni si è andata progressivamente riducendo l’attenzione verso il settore della ricerca e università, troppo spesso in balia di una gestione politicamente residuale e di corto respiro. Ma ora si apre una stagione importante per la ricerca pubblica”.

La divisione del Miur nel ministero della Scuola e nel ministero dell’Università e Ricerca (che fa seguito alle dimissioni del ministro Fioramonti) e le novità introdotte nella legge di Bilancio 2020 ci danno l’occasione per incontrare la senatrice a vita e docente di farmacologia alla Statale di Milano, Elena Cattaneo, e fare il punto sullo stato di salute della ricerca in Italia.

Il 9 gennaio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto che permette lo “spacchettamento” del Miur. Qual è il suo giudizio circa questa operazione?

Ascoltare dal Presidente del Consiglio l’intenzione del governo di dividere il comparto della scuola da quello dell’università e della ricerca è stata per me una positiva sorpresa. L’esigenza di un ministero dedicato specificamente alla ricerca era sempre più sentita dopo anni di abbandono. Da tempo, in molte occasioni, vari esperti del settore hanno caldeggiato un nuovo assetto istituzionale di questo tipo. Penso agli studiosi del Gruppo 2003, ma anche agli Enti di Ricerca e agli atenei, in prima linea con la stessa Conferenza dei rettori (CRUI), il cui presidente, il professor Gaetano Manfredi, è stato appena designato nuovo ministro per l’Università e la ricerca.

Cosa può comportare in termini di opportunità questa separazione?

Come detto, il governo di un comparto appassionante, ma difficilissimo da gestire, quale è la scuola, in questi anni, ha compresso drammaticamente l’attenzione verso il settore della ricerca e università, troppo spesso in balìa di una gestione politicamente residuale e di corto respiro. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da investimenti “a singhiozzo”, insufficienti, incerti per importi, tempistiche e soprattutto procedure. Sovente si è intervenuti con iniziative episodiche se non contraddittorie, in alcuni casi ascrivibili più al desiderio di favorire specifici player e contesti, anche per urgenze politiche, che alla volontà di rafforzare il sistema pubblico della ricerca nel suo complesso.

A fine 2019 nel suo discorso in occasione del voto di fiducia sulla legge di Bilancio 2020, lei ha detto che si apre «una stagione importante per la ricerca pubblica». Ci può dire il perché di questa visione “ottimista”?

Nelle parole di vari esponenti di questo governo, primo fra tutti il presidente Conte, oltre che in quelle del Presidente della Repubblica, ho percepito una sensibilità non retorica al tema della ricerca, di cui mi sembra doveroso – nella particolare veste con cui partecipo alla vita parlamentare – alimentare la fiammella anche quando può sembrare prematuro. Questo approccio ha, da ultimo, trovato conforto nella decisione di ripristinare un ministero dedicato ad Università e Ricerca, e di affidarne la direzione a un accademico con una profonda conoscenza del settore. Nel ruolo di presidente CRUI, il professor Manfredi ha potuto conoscere da vicino le molte difficoltà nel governare le dinamiche dell’accademia e della scienza italiana, ma anche i grandi risultati che si possono ottenere scegliendo di valorizzare le tante eccellenze diffuse già presenti su tutto il nostro territorio o di alimentare nuovi talenti.

Quali sono secondo lei le priorità da affrontare per il “nuovo” titolare del Mur?

L’aver trascurato politicamente il settore per anni ha finito col trasformare anche temi apparentemente minuti in problemi strutturali: dalla non effettività del diritto allo studio ad una percentuale di laureati tra le più basse d’Europa, al dimezzamento (per mancanza di fondi e non certo di merito) del numero delle borse di dottorato assegnate negli ultimi dieci anni, allo stato drammatico del Fondo di finanziamento ordinario per gli Atenei, alle difficoltà nel reclutamento dei ricercatori di tipo RTD-B e nella loro stabilizzazione. Al di sopra di tutto resta la missione di individuare e rendere stabili le risorse destinate ai settori di competenza del nuovo Ministero, da garantire alla ricerca del Paese su base competitiva, se vogliamo “far crescere” i nostri giovani ricercatori e quegli studiosi che, anche con anni di esperienza alle spalle, per mancanza di opportunità non riescono a fare il salto di qualità decisivo. Prima di essere grandi scienziati riconosciuti a livello internazionale, tutti sono stati “piccoli” studiosi con un sogno di ricerca nel cassetto.

Da dove bisogna partire?

Valorizzare, in primis economicamente, la ricerca pubblica di base in tutti i campi aiuterebbe i ricercatori italiani a rafforzare le proprie strade di ricerca per poi proporle internazionalmente nei grandi bandi europei, cui oggi, come Paese, contribuiamo con più risorse di quante ne recuperiamo.

Inoltre, vi sono le urgenze legate all’istituzione dell’Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), di cui dovrà essere definito nei prossimi mesi lo statuto, auspicabilmente in linea con le migliori esperienze internazionali, e alla definizione della Convenzione da stabilire fra lo Human Technopole di Milano e i Ministeri fondatori.

Entrando più nel dettaglio riguardo l’accesso alle risorse per lo Human Technopole, ci può dire cosa cambia ora per i ricercatori universitari, gli Irccs e gli enti pubblici di ricerca?

La Convenzione introdurrà un meccanismo competitivo per merito, che, a partire dal 2021, garantirà l’uso prevalente delle facilities di ricerca di Human Technopole, decise a seguito di una consultazione pubblica, ai ricercatori di Università, enti di ricerca e IRCCS di tutto il Paese, che lì potranno sviluppare le parti tecnologiche dei loro progetti. Gli studiosi italiani potranno così accedervi per diritto e non per “concessione”, con le operatività stabilite nei progetti vincenti.

Infrastrutture e risorse, quindi, costruite, sviluppate e gestite con fondi pubblici (140 milioni di euro all’anno, assegnati alla Fondazione Human Technopole dalla legge di bilancio 2017 ogni anno, per sempre, senza competizione), che saranno a disposizione della ricerca pubblica italiana, in quota maggioritaria, sottolineandone così la missione per il Paese, contribuendo a rendere più attrattiva la ricerca dei laboratori italiani e dando ai nostri studiosi la possibilità di aggiungere valore ai loro progetti.

Un’altra novità è rappresentata dall’Agenzia per la ricerca. Qual è, o quale dovrebbe essere la sua funzione?

L’Italia era pressoché l’unico Paese europeo sprovvisto di un’Agenzia nazionale per la ricerca, dopo che anche la Grecia l’ha istituita nel 2016. Questa circostanza ci dovrebbe spingere a mutuare le migliori pratiche in uso negli altri Paesi rifuggendo dalla tentazione di perseguire un “fumoso” modello italico. Averla introdotta con l’ultima legge di Bilancio rappresenta una grande opportunità per il Paese purché si scongiuri l’ipotesi di un’ulteriore complicazione del sistema e si rifletta su una riorganizzazione e integrazione delle istituzioni che orbitano nel comparto. In particolare, ritengo fondamentale insistere sulla vera funzione di questo nuovo prezioso strumento che dovrà contribuire, nel tempo, a rimuovere la frammentazione nell’erogazione dei fondi pubblici, coordinare gli obiettivi della ricerca pubblica nazionale, uniformare i criteri di valutazione dei progetti di ricerca da finanziare e garantire tempi certi per i bandi e per l’erogazione dei fondi. Uno dei primi compiti dell’Agenzia potrebbe essere, ad esempio, tracciare i tanti rivoli del finanziamento pubblico alla ricerca: avere il quadro unitario delle destinazioni finali dei flussi di risorse, nei diversi Ministeri, permetterebbe di razionalizzarli o potenziarli, a seconda dei risultati raggiunti.

Lei ha sempre sottolineato l’importanza di un futuro, delle prospettive concrete ai giovani ricercatori «Investire in ricerca significa investire nelle passioni, nelle idee. E quando un Paese non investe in passioni la società si spegne» ha detto tra l’altro all’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola Normale di Pisa. Come giudica in tal senso l’aumento di 31 milioni nel 2020 per il diritto allo studio attraverso le borse allo studio universitario, inserito nella legge di Bilancio? È sufficiente o va considerato solo un inizio?  

In tema di diritto allo studio, l’articolo 34 della Costituzione è il manifesto delle attività che devono ispirare il governo e il Parlamento di ogni colore ed epoca: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Parole inequivocabili che rendono “scandalosa” la circostanza, ancor oggi tristemente attuale, per cui esistono studenti riconosciuti idonei a beneficiare della borsa di studio, ma “non vincitori” per assenza di risorse. La notizia, pur positiva, dell’aumento – circoscritto al 2020 – dei fondi per le borse di studio non elimina l’urgenza di intraprendere ogni azione utile a consegnare la figura di studenti “idonei non vincitori” alla memoria del passato di una Repubblica che, tradendo sé stessa, aveva rinunciato a sostenere la crescita delle migliori intelligenze dei giovani del Paese, nell’interesse di tutti.

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