Attività promosse dalla Sen. Elena Cattaneo in Senato
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Senza confini – Da D di Repubblica del 23 dicembre 2023

Nel suo editoriale sull’inserto D di Repubblica, la senatrice Cattaneo evidenzia come, pur nell’ambito di un servizio sanitario nazionale che dovrebbe essere universale e gratuito, vi siano disparità territoriali nell’accesso alla prevenzione, poiché le prestazioni non sono uniformi nelle diverse Regioni.

Ecco l’editoriale della Senatrice:

Sette anni fa, nel mio primo articolo per questa rubrica, raccontai la storia di Ornella, una giovane donna che aveva scoperto di essere portatrice di una mutazione in uno dei due geni BRCA1 e BRCA2. Dagli anni Novanta sappiamo che a questa mutazione è legato un rischio maggiore di sviluppare tumori al seno (è il caso di Ornella) o all’ovaio. Sappiamo però anche come tenere sotto controllo questo rischio attraverso l’individuazione e la presa in carico delle donne che ne sono portatrici. Il primo passo è il test genetico, che deve essere proposto a quelle donne nella cui storia familiare si riscontrano più casi di tumore al seno o all’ovaio. Se la mutazione c’è, la donna deve essere inserita in percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA) e invitata a eseguire controlli periodici di sorveglianza. Siamo in uno di quei fortunati casi in cui la scienza, studiando, ha individuato il fattore di rischio e indicato la via, spesso salvavita, della prevenzione.

Quando ne scrissi nel 2016, a livello nazionale, solo l’Emilia Romagna aveva attivato un percorso diagnostico di prevenzione e la regione Lombardia aveva appena introdotto l’esenzione (D99/D97) per le prestazioni correlate a questo rischio familiare. Scrivevo allora: dovrebbe diventare un obiettivo nazionale. È stato così? L’associazione aBRCAdabra raccoglie e aggiorna le iniziative a livello regionale. Ornella ne è presidente e l’ultimo aggiornamento che mi ha condiviso è sconfortante. Su 20 regioni, solo sette, di cui due al Sud, a cui si aggiungono le province autonome di Trento e Bolzano, prevedono sia il percorso diagnostico che l’esenzione. In tre regioni sono stati approvati i PDTA ma senza l’esenzione, o l’esenzione senza percorsi diagnostici.

Quest’anno si sono celebrati i 45 anni del Sistema sanitario nazionale. La legge che l’ha istituito nel 1978, al primo articolo, riconosce la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e prescrive che sia tutelata “senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”. La difformità territoriale delle misure di prevenzione e assistenza per le portatrici – quando individuate – di mutazione BRCA è solo un esempio di come i principi di universalità, uguaglianza ed equità stabiliti in quella legge siano stati disattesi. Le criticità del Ssn, della cui eccellenza e unicità siamo sempre andati orgogliosi, sono esplose con la pandemia da Covid-19 e si sono imposte come tema di dibattito pubblico e politico, ma – mi sembra – ben poco di concreto è stato fatto per superare l’attuale frammentazione, figlia della riforma costituzionale del 2001. Ancora oggi una prestazione può risultare gratuita al di qua di un confine amministrativo, a pagamento di là, urgente nel Lazio e non essenziale in Umbria.

Il tema di “sistemi sanitari di fatto” diversi tra ogni Regione, è – a mio avviso – un grande campanello di allarme da tenere in attenta considerazione prima di deliberare forme più estese di frazionamento delle competenze relative a politiche pubbliche nazionali tra le regioni, come invece si sta ipotizzando in Parlamento con il disegno di legge sull’autonomia differenziata.

Il compito di chi fa ricerca è studiare per accrescere la conoscenza a disposizione di tutti e migliorare la vita di ognuno, con il pensiero sempre rivolto a chi, fuori dai laboratori, attende risposte e cure. Far funzionare le cose, invece, spetta in prima istanza ai rappresentanti delle istituzioni, locali e nazionali. Garantire che ogni conquista scientifica e medica che arriva dall’incessante passione e dedizione dei nostri specialisti possa raggiungere ognuno di noi, e che sia accessibile per tutti con gli stessi livelli di qualità ed efficacia, a prescindere dal luogo in cui si nasce o si vive, è un dovere a cui la politica non dovrebbe mai sottrarsi.

Scienza e medicina si realizzano solo nella loro dimensione collettiva. Tenere alta l’attenzione sulla loro qualità, organizzazione e finanziamento è necessario per poter offrire ai cittadini un orizzonte di benessere reale. La comunanza tra ricerca e cura è un patrimonio inestimabile per l’Italia, molte volte sottovalutato e pericolosamente dato per scontato. Ma, proprio per questo, da difendere, conoscere e valorizzare come patrimonio del nostro prezioso Sistema sanitario nazionale.

 

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