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Ricerca sugli animali, l’elemento decisivo per battere il Covid-19 – Dal Messaggero del 18 marzo 2020

Sulle pagine del Messaggero (anche online), Elena Cattaneo fa una panoramica delle sperimentazioni in corso e di quel che la scienza ha già scoperto sul Covid-19, il Coronavirus che, grande solo qualche milionesimo di millimetro, sta tenendo in scacco interi Paesi tra cui l’Italia, e ricorda che la ricerca di una cura o un vaccino è e resterà possibile solo grazie alla sperimentazione su modelli animali.

Ecco l’articolo della Senatrice Cattaneo:

Un “oggetto animato” più piccolo di 160 nanometri (un milionesimo di millimetro), contagioso e pericoloso per l’uomo, sta causando grandi sofferenze a centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo costringendone milioni in decine di nazioni a sospendere pressoché ogni attività. L’emergenza Coronavirus ha messo le nostre vite in stand-by chiarendo a tutti l’importanza di studiare la malattia per identificare una cura. Quel che è altrettanto chiaro, anche se pochi ne parlano pubblicamente, è che senza test sugli animali non si raggiungerà mai questo obiettivo.

La ricerca di una cura contro il virus SARS-CoV-2 passa necessariamente dalla sperimentazione animale per capire la patogenesi dell’infezione nell’uomo, l’efficacia dei trattamenti antivirali e gli eventuali effetti collaterali, o lo sviluppo dei vaccini. Non esistono, né sono concepibili, vie “alternative”. In poche settimane si è fatto molto.

Grazie ai risultati ottenuti da ricercatori del Peking Union Medical College di Pechino su un ceppo di topi transgenici ora sappiamo che la proteina umana ACE2 è, nell’organismo, la porta di ingresso del virus nelle nostre cellule: i topi che ne sono privi, infatti, risultano insensibili all’esposizione al virus. Scoperta possibile solo grazie agli animali, dato che non si potrebbe generare un essere umano senza ACE2; ma i topi non bastano. I modelli adottati nelle ricerche sono sempre molteplici, dalla scimmia al vermiciattolo allo zebrafish; ciascuno riproduce aspetti della malattia e la validazione di un dato in più modelli conferisce solidità alla strada sperimentale. Il furetto, ad esempio, è da tempo un modello d’elezione per le malattie respiratorie umane data la sua fisiologia polmonare simile alla nostra.

Colleghi all’Australian Animal Health Laboratory di Geelong ne hanno scoperto la suscettibilità a SARS-CoV-2 e stanno studiando come si sviluppa l’infezione. Un’ulteriore ricerca condotta al Wuhan Institute of Virology ha dimostrato che il virus provoca nei macachi una sindrome polmonare simile alle forme minori di malattia umana. Ora si studia la capacità di alcuni farmaci di ridurre la replicazione virale e la perdita di peso oltre a lavorare per generare modelli che riproducano le forme più severe. Altri studiano le scimmie, che presentano un sistema immunitario simile al nostro, per capire le reazioni al virus. Bisogna poi verificare se SARS-CoV-2 si può nascondere negli organi degli animali infettati, il che spiegherebbe le evidenze nell’uomo, per ora aneddotiche, di re-infezione post guarigione. Sono solo alcuni degli importanti risultati già raggiunti.

Questa epidemia ci ricorda anche che non sappiamo da dove arriverà il prossimo pericolo e la possibile soluzione. Il virus dell’influenza “spagnola” ebbe origine da un uccello acquatico, transitò in vari animali domestici (forse anatre in Cina e maiali in Iowa) e uccise 50 milioni di persone, per poi sparire nel nulla (o finire “nascosto” in altre specie). È vitale sostenere nel suo complesso la ricerca di base, quella che studia la fisiologia e la patologia cellulare e sistemica, e battersi in prima persona perché la conoscenza possa progredire utilizzando tutti i metodi scientificamente validi ed eticamente appropriati a disposizione. Contro il Coronavirus, in tutto il mondo e anche in Italia, si corre per capire, dalla sperimentazione animale, come passare all’uomo. È quindi il momento di stabilire, per oggi e per il futuro, strategie che tengano conto di quanto stiamo, spesso tragicamente, apprendendo “sul campo”, per poter attrezzare meglio sia la nostra sanità che la nostra ricerca.

Oggi, quell’oggetto animato più piccolo di 160 nanometri ci fa capire cosa può essere, e che fine può fare, un Paese senza ricerca. Il suo minuscolo genoma – già 161 le varianti identificate e “lette” ad oggi nel mondo – mette tutti con le spalle al muro e chiede conto delle ipocrisie del passato nel momento in cui si implora una cura. Tutti, anche il Presidente degli Stati Uniti che, dopo aver sminuito e ostacolato il lavoro degli scienziati per anni, chiede loro di “fare presto”, come se una cura si potesse trovare con un click e la scienza si potesse ordinare “à la carte”. Gli ha risposto duramente il direttore della rivista Science: la voce della scienza va ascoltata e rispettata sempre, non solo nell’emergenza, dalle persone e anche dalla politica, con fiducia reciproca, senza interpolarla né distorcerla in funzione di moralismi o tornaconti. Dal presidente Trump all’Italia il passo è breve. Dal 2014 ai nostri ricercatori si vuole impedire l’impiego di animali negli studi su sostanze d’abuso e xenotrapianti. Vista l’assurdità scientifica di tali divieti – che gli stessi esperti oggi interpellati sul Coronavirus potrebbero confermare – il Parlamento, incapace di eliminarli, continua a rinviarne l’entrata in vigore: di tre anni nel 2017, di uno solo nel 2020. Nel 2021 chi s’intesterà la conquista dell’ennesima fuga di ricercatori dal Paese dei divieti?

Senza sperimentazione sui topi oggi non avremmo insulina orale, statine, farmaci contro la depressione; senza conigli e bovini, nessun vaccino contro il cancro della cervice uterina; senza scimmie, niente stimolazione cerebrale profonda per il Parkinson, niente neuro-prostetica per consentire a pazienti con lesioni spinali o sclerosi laterale amiotrofica di muovere arti altrimenti paralizzati, né vaccino contro epatite B, poliomielite o Ebola; senza conigli e maiali non ci sarebbero risonanza magnetica, pacemaker o dialisi renale.
I sacrifici e le difficili scelte che oggi affrontiamo nell’emergenza non saranno vani, se avremo imparato come collettività l’importanza di sostenere con decisione e senza ipocrisia chi, nell’interesse di tutti, con lo studio, la ricerca e il metodo scientifico, affronta la conoscenza della realtà e ne approfondisce la natura, per renderci forti nell’affrontare l’ignoto, per non aver paura del domani.

Elena Cattaneo
Docente alla Statale di Milano e Senatrice a vita

A questo link è possibile consultare e scaricare l’articolo in formato PDF.